Superare i primi ostacoli nella meditazione: la mia esperienza

Uno può cadere molte volte, ma non è mai un insuccesso, finché non rifiuta di rialzarsi

— Evel Knievel —

In questo articolo, vorrei trattare alcuni degli ostacoli che si possono incontrare all’inizio della propria pratica di meditazione, ma anche più avanti con l’esperienza.

Vorrei trattare questo argomento partendo dalla mia esperienza di pratica personale, quindi lasciando da parte spiegazioni tecniche o insegnamenti di maestri. Se vi interessa leggere un resoconto di come la pratica, superati questi ostacoli, possa darvi dei vantaggi, vi invito a leggere QUESTO ARTICOLO, sempre basato sulla mia esperienza meditativa personale.

1. L’irregolarità

Quando iniziai a meditare, non praticavo tutti i giorni. La mia pratica quindi non era costante. C’erano mille motivi: non avevo voglia, non avevo tempo, avevo altri impegni urgentissimi, avevo bisogno di riposo, non era il momento “migliore”, avevo solo pochi minuti a disposizione e pensavo non valesse la pena iniziare, ero troppo stanca, avevo il raffreddore, dovevo controllare la cottura della cena…Forse alcuni di voi si ritrovano in queste motivazioni? Sono molto comuni nel percorso personale di pratica.

Si tratta, non mi spreco a dirlo, di scuse: convincenti, in parte anche vere, ma pur sempre scuse, stratagemmi della mente per non mettersi al lavoro su se stessa. In fondo, se la mente deve lavorare su se stessa, significa che ci sono punti non perfettamente soddisfacenti, giusto? E’ un pensiero molto fastidioso per la mente ordinaria, quindi ecco che un tremendo raffreddore mi impedisce di meditare sul respiro.

2.La distrazione

Superato l’ostacolo della irregolarità, un altro ostacolo che immediatamente sorge è quello della distrazione. Decine di pensieri, decine di immagini che come flash appaiono nella mente mentre mi sforzo (mi sforzo?!) di stare concentrata sul respiro. “DEVO concentrarmi”, mi dico, ed ecco che arriva la distrazione.

All’inizio sì, pure io pensavo di stare sbagliando qualcosa, che in realtà non era giusto meditare così. Troppe distrazioni, neanche mezzo secondo di silenzio mentale e di osservazione del respiro. Non funziona. Qui il pilastro “Non cercare risultati” iniziava un po’ a venire in aiuto: rimanere concentrati non era il risultato da cercare. Quindi non DOVEVO stare concentrata sul respiro.

C’era un tranello in cui cadevo spesso le prime volte: se durante una pratica di mezz’ora la mente continuava imperterrita a distrarsi, resistevo per un po’ ma poi interrompevo la pratica. Sarà per un’altra volta, quando sarò più tranquilla. Ma quando?! Ecco un’altra raffinata scusa della mente per smettere di lavorare su se stessa.

La distrazione non è un problema: va’ e distraiti. va bene così.

3.Il sonno

Un altro ostacolo? C’erano alcune pratiche che, inevitabilmente, inspiegabilmente, mi facevano addormentare! La scansione corporea, per esempio. Era una specie di intolleranza: appena sdraiata, arrivava il sonno. Ci tengo a precisare che questo ostacolo può sorgere anche nelle pratiche da seduti; vi dirò di più, può venirvi sonno anche nelle pratiche ad occhi aperti. In quelle in movimento è un po’ più difficile, ma alcune persone ci riescono ugualmente.

Inutile a questo punto spiegare come mai la mente ci induce il sonno: a parte una fisiologica stanchezza fisica, davvero, la mente non ha alcuna voglia di risolvere i suoi problemi (anche se noi diciamo di volerlo). La mente vuole restare così com’è, perché è meno difficile continuare ad avere i soliti pensieri depressivi o ansiosi piuttosto che guardare dentro quelle emozioni senza lo schermo opaco di quella che chiamiamo “la nostra identità”.

4.ll dolore fisico

Mal di schiena; male alle ginocchia; male al collo; piede addormentato; intensi pruriti; mal di pancia, di testa, di denti; male al sedere; eccetera eccetera eccetera. Anche il dolore fisico era un importante ostacolo, all’inizio della pratica. Non che adesso sia sparito, ma ha smesso di causare distrazioni o interruzioni di pratica. In poche parole, ha smesso di essere un problema.


Gli aspetti dolorosi della vita quotidiana (subire un licenziamento, la fine di una storia d’amore, la morte di una persona cara, il pensiero della propria morte, la perdita di grandi somme di denaro, una malattia, una multa, un incidente…) sono parte dell’esistenza: nessuno avrà mai una vita completamente priva di dolore. Questa è la Prima Nobile Verità enunciata dal Buddha più di 2000 anni fa: vogliamo noi, coi nostri telefonini all’ultima moda, illuderci di poter vivere una vita ditotale agio? Possiamo farlo: verremo smentiti ad ogni passo. Quindi tanto vale imparare a gestire il dolore, senza nascondere la testa sotto la sabbia e fingere ottimismo.

Come la mente, anche il corpo non sopporta bene le frustrazioni: nessuno ha obiettivamente voglia di provare dolore apposta, se non si è masochisti e quindi si ricava piacere dal dolore stesso. Questo ostacolo si supera continuando a praticare: aiutandosi nella pratica con l’uso di cuscini a sostegno delle ginocchia, o appoggiando momentaneamente la schiena allo schienale di una sedia. Se invece ci diciamo che proviamo troppo dolore e quindi la pratica non fa per noi…bene, ecco un’altra bella e convincente scusa.

5.Il benessere

Un altro ostacolo di cui posso parlarvi è quello di chi non pratica (o smette di praticare) perché “sto già bene così”. Possiamo qui sfatare un luogo comune:

Non si pratica la Mindfulness per la riduzione dello stress solo perché e solo quando si è stressati.

Non è una medicina da assumere 2 volte al giorno, lontano dai pasti. Questo può essere il motivo iniziale, e possiamo anche risolverlo inizialmente. Ma potrebbe tornare se non sfruttiamo la possibilità maggiore che ci è offerta dalla pratica: quella di guardare dentro noi stessi e vedere come funzioniamo.

E’ il modo in cui la nostra mente funziona che determina la qualità della nostra vita: se siamo onesti con noi stessi ed aperti all’auto-discussione, riusciamo a individuare benissimo i punti che, se ci lavoriamo su, possono farci stare meglio nella vita. Se non vogliamo è perché semplicemente per adesso ci è ancora più comodo continuare con i vecchi modelli.

6.La passività

Un altro ostacolo può essere il pensare che praticare sia un’attività passiva: stare seduti, immobili, con gli occhi chiusi, e osservare. E’ molto facile confondere questo con la passività. Ci consola il fatto che chi la pensa così probabilmente non ha mai praticato con seria intenzione, o non ha mai capito cosa sia la pratica, altrimenti si sarebbe accorto che mentre stava lì, seduto, immobile, con gli occhi chiusi ad osservare, stavano succedendo un sacco di cose ed era chiamato a prendere continue, costanti e spesso difficili decisioni ogni momento. In questo caso, l’unica cosa che posso suggerire è: praticare.

Per concludere

Con tutto questo elenco di ostacoli non avevo l’intenzione di scoraggiarvi dal meditare (in fondo, volevamo ottenere un risultato no? Vi rimando all’articolo della mia esperienza meditativa CLICCANDO QUI) ma volevo dirvi che non siete soli, e che quello che passate durante la vostra pratica meditativa, come principianti o meditatori avanzati, l’hanno passato e lo stanno passando milioni di altre persone, praticanti come voi, in questo preciso momento. E’ perfettamente normale.

Gli ostacoli sono quelle cose spaventose che vedi quando togli gli occhi dalla meta.

— Henry Ford —

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