Quando iniziate a sentirvi pessimisti

Capita a tutti noi di avere un momento, una giornata o un intero periodo in cui ci sentiamo pessimisti; in cui ogni sembra essersi posata su di noi una sorta di stanchezza che non è intenzionata a togliersi; in cui il nostro stato d’animo complessivo è riassunto abilmente da un generico “non ho voglia”, e la nostra visione è offuscata, quasi sbarrata da qualcosa che non sappiamo cos’è ma lo sentiamo. Ed è pesante. Una coperta invisibile con le frange di piombo, che ci portiamo dietro e ci rende spenti, noiosi, irritabili, affaticati, tristi.

Guardiamo le cose e ci appaiono vuote; guardiamo le persone e ci sembrano tutte più leggere di noi; guardiamo gli avvenimenti e li sentiamo faticosi; guardiamo in avanti e la cosa che ci vien più voglia di fare è smettere di guardare, perché tanto “sappiamo già come andrà“.

Questo pessimismo che a volte (o spesso) ci può capitare di provare si presenta nella nostra vita come una specie di profezia: LUI SA. Incredibilmente, sa esattamente:

  • in cosa consiste l’evento che ci è capitato (esempio: non troviamo le chiavi della macchina. “E’ una disgrazia”);
  • il motivo per cui ci è capitato (E’ perché siamo distratti, stupidi, irresponsabili, o me le hanno rubate, ecc…);
  • il contesto più grande in cui l’evento si inserisce (“sono fatto così”, oppure “il mondo è pieno di ladri” oppure “me lo merito”/variante di “me la sono andata a cercare”);
  • la giusta punizione da comminarci (sotto forma di emozione negativa, o sotto forma di un comportamento di riparazione);
  • la previsione di cosa succederà nel futuro (“succederà di nuovo”, “non imparerò mai”);
  • le conseguenze della previsione (“è meglio non fare più niente”)

C’è di più: tutte queste conoscenze che il nostro pessimismo possiede ci appaiono assolutamente veritiere, aderiamo totalmente al loro contenuto e tendiamo a portarle avanti nel tempo. Con il risultato che il momento di pessimismo attuale non migliora (al massimo, possiamo aspettare che passi) e che presto o tardi, si ripresenterà.

Esulando dai concetti psicologici sottesi a questo ragionamento e dalle spiegazione neuroscientifiche che dimostrano come il pessimismo tenda davvero a perpetuarsi nel tempo (che non sono oggetto di questo articolo) vorrei delineare un modo veloce in cui possiamo porvi rimedio.

INTERROMPERE IL MODULO

Quando ci accorgiamo di iniziare a diventare pessimisti, è un momento davvero importante. E’ in quel preciso istante che abbiamo la chiave per cambiare la direzione degli eventi: magari non riusciremo a trasformare questo germoglio di pessimismo in un’immensa felicità, ma è già un buon risultato diminuire l’intensità dell’emozione negativa che potremmo provare di lì a poco: in altre parole, ridurre i danni.

Quando l’abbiamo riconosciuto e sappiamo che è il nostro Amico-Pessimismo, possiamo provare ad interrompere il modulo: il pessimismo (ma anche le altre emozioni) si presenta a noi con determinate caratteristiche che possiamo imparare a riconoscere in anticipo o perlomeno mentre si stanno presentando. Questa capacità ci dà un vantaggio enorme.

Interrompere il modulo del pessimismo significa:

  1. riconoscerlo
  2. non indagare i contenuti che ci porta o le ragioni su cui si basa
  3. prendere intenzionalmente il controllo della direzione della nostra attenzione
  4. interrompere il pensiero.

Attenzione: interrompere il pensiero non significa né negare la sua esistenza, né ignorarlo e neanche reprimerlo o scappare da esso. Il sentimento e il pensiero vanno accolti, vanno contenuti nello spazio della nostra attenzione (e nel far questo, le abilità di Mindfulness ci vengono in grandissimo aiuto) e vanno ascoltati come un messaggio preziosissimo. In fondo, questo pessimismo ci sta dicendo qualcosa di noi, anche se i suoi modi non ci piacciono e ci fanno stare male: è un Amico.

TRUCCHI DI INTERRUZIONE DI MODULO

Come è possibile mettere in pratica il punto 4) dell’elenco precedente? Le tecniche sono tante, e ognuno può trovare, conoscendosi e sperimentando, quelle più adatte a sé. In questo articolo, posso suggerirvi il mio metodo, e siete liberi di provarlo su voi stessi o modificarlo come meglio credete.

  1. Per prima cosa, riconosciamo il sentimento che sta venendo a farci visita: riconosciamo le sensazioni fisiche che lo accompagnano, riconosciamo come questo stato d’animo influisce sul nostro corpo; riconosciamo eventuali pensieri come semplici eventi mentali (non facciamoci catturare da cosa dicono quei pensieri!). I pensieri sono come tante piccole o grandi foglie sospinte dal vento: non ci metteremmo mai a rincorrere delle foglie nel vento, ad arrabbiarci con le foglie, a piangere perché una foglia è stata schiacciata, vero? A meno che stessimo giocando: in questo caso però, il discorso è diverso. Avremmo una consapevolezza di gioco.
  2. Per seconda cosa, fermiamoci. Sottovalutiamo davvero tanto il potere che il semplice fermarsi può avere nel cambiare il corso automatico di un evento o di un’emozione. E’ in questa frazione di secondo che abbiamo compiuto una scelta.
  3. Per terza cosa, percepiamo. Proviamo a notare le sensazioni del nostro respiro, a sentirlo fluire, o percepiamo le piante dei nostri piedi a contatto col suolo. Se teniamo gli occhi aperti, guardiamo i colori e le forme dello spazio intorno a noi. Sentiamo gli odori. Se tutto questo è troppo distraente, allora guardiamo il palmo della nostra mano, guardiamone i contorni, osserviamo le nostre dita. Rivolgiamoci alla percezione.
  4. Per quarta cosa, invertiamo la rotta. Prendiamo intenzionalmente la decisione di voler interrompere la spirale di pessimismo o negatività fini a se stessi e che non ci portano alcun vantaggio. In questa fase possiamo usare la fantasia: decidiamo di dedicarci (subito!, non tra qualche giorno) a un’attività che ci piace; decidiamo di riprendere un’attività che ci piaceva in passato e che per qualsiasi motivo abbiamo abbandonato; decidiamo di chiamare un’amica o un amico che non sentiamo da tanto; decidiamo di uscire a fare una camminata senza dover andare da nessuna parte; decidiamo di riprendere uno sport (e facciamolo subito!); decidiamo di battere le mani all’improvviso e continuiamo per 5 minuti buoni; decidiamo di andare davanti a uno specchio e di fare le boccacce o di muoverci in modo buffo (meglio se siamo lontani da occhi indiscreti); decidiamo di imparare qualcosa di nuovo…
  5. Per quinta cosa, DECIDIAMO.

IL VANTAGGIO DELL’INTERRUZIONE DI MODULO

Chiaramente, spostare l’attenzione su elementi diversi dal pessimismo o da quella tristezza che non va più via può non essere di così immediata applicazione. Questa proposta di interruzione di modulo non vuole essere un invito a ignorare i problemi o i sentimenti negativi facendoci le boccacce allo specchio (confido nel buon senso e nell’intelligenza del lettore), ma siamo tutti d’accordo che più pensiamo a un problema, più quello tende a sembrarci irrisolvibile.

Come detto sopra, l’interruzione di modulo è un trucco, una strada laterale che possiamo decidere di imboccare per tirarci fuori dai nostri personali circoli viziosi di pensiero: accogliendo l’emozione, evitando di giudicare il pensiero, osservando noi stessi in profondità, decidendo di fare realmente qualcosa per il nostro benessere, possiamo pian piano, lavorando su noi stessi, capire quando un’emozione o un evento attivano in noi una reazione automatica. Non siamo noi ad averla scelta: è stata innescata. Possiamo però evitare che si inneschi all’infinito, creando una catena di sofferenze evitabili.

Interrompere il modulo non significa neanche reprimere le emozioni negative: alcune emozioni negative possono essere molto importanti per un cambiamento. Quello che distingue un’emozione funzionale da una disfunzionale è proprio la caratteristica di “metterci in movimento” positivamente. La rabbia, la tristezza, la delusione possono essere positive se sappiamo riconoscerle, gestirle e incanalarle in modo saggio e non distruttivo.

Nessun altro può prendere questa decisione al posto nostro. Nessun altro può regalarci un benessere che non sappiamo costruire e conservare in prima persona.

“Possiamo lamentarci perché i cespugli di rose hanno le spine, o gioire perché i cespugli spinosi hanno le rose”

— Abraham Lincoln —

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