Seduta distrattamente,
la mente catturata da pensieri automatici.
Il tempo, il da farsi, il dolore nel corpo,
il fuoco, la guerra, l’impazienza.
Lo sguardo fuori dalla finestra
Cieco al paesaggio
Maestose montagne coperte di neve
Né viste né vissute.
Pesante come un drappo di velluto,
Oscura come un pozzo inaridito.
Una mente ostaggiata, ingannata,
avvelenata, amareggiata.
Come un campanello silenzioso,
la mente torna presente a se stessa,
al disordine, al fruscìo, all’accogliente atmosfera
velenosa
dell'oblio.
Chiari come il sole.
Il prima e il dopo,
il dentro e il fuori,
il senza e il con,
il morto, e il vivo.
Comincia a piovere,
un leggero cadere di polvere d’acqua
che rinfresca e ristora,
consola e migliora.
Lascio andare il drappo,
padrona di una scelta,
vedo la montagna,
regina del cielo.
La sua forma, la neve,
la mente, i pensieri.
Vedo l’oblio.
E sale come un’onda di pace,
il sollievo.
Mi riempie come un otre di carne,
non il disordine sparito,
ma la vista chiara nel disordine.
Porta una pace che sa un po’ di paura
perché non tornerà, non durerà.
Intanto solleva e svuota,
vaporizza i pensieri,
lucida lo sguardo.
E poi ricade, si perde, s’infossa,
pensieri morbosi, collosi,
Regina spodestata, il disgusto,
il sapore del dolore.
Un cadavere sa respirare da morto.
E un attimo passa ma la mente ormai ricorda,
Una volta successo può succedere di nuovo.
Un respiro porta l’aria dentro,
in alto, si svuota.
Non è peso, non è gioia né dolore,
Non è tempo, non è paura,
Non è bello e neanche brutto,
Non è oblio né rimembranza,
Né è né non è.
Arriva l’onda
E se ne va.
Arriva. Va.
Silenzio.
— Federica Gaeta —