“Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?”
— William Shakespeare —
I problemi inutili sono i tuoi pensieri. I miei, i nostri pensieri. Noi pensiamo che i nostri pensieri siano giusti, vero? Che riflettano la realtà dei fatti, che ci aiutino a stare bene?
E’ vero che se vediamo un incidente per la strada, diciamo “Ecco un incidente!” o se vediamo in un negozio un vestito in vetrina potremmo dire “E’ di cotone, a fiori rossi e blu“. Questi sono dati di fatto, elementi empirici della realtà, direttamente verificabili. Potremmo definire questo tipo di pensieri “neutri”, osservazioni sprovviste di una precisa tonalità emotiva.
Ma cosa succede se, dopo questi pensieri neutri, o magari addirittura saltando la fase di neutralità, ne formuliamo altri, con caratteristiche emotive e cognitive diverse?
Se alla vista del vestito, iniziassimo a pensare che costa troppo, che non possiamo permettercelo, che guadagniamo troppo poco, che la nostra azienda non ci darà mai un aumento, che la vita si passa lavorando senza mai avere abbastanza soldi per tutto, che la pensione possiamo scordarcela, che a quella festa dovremo andarci con uno dei nostri soliti vecchi abitini nascosti nell’armadio che ci fa sentire a disagio, eccetera…

Se alla vista dell’incidente iniziassimo a ricordare quando anche noi o qualcuno che conosciamo abbiamo avuto un incidente, se iniziassimo a preoccuparci, se andassimo in ansia senza sapere più cosa fare; se guardando le lamiere accartocciate dell’auto ci chiedessimo come potremmo sopravvivere se nostro figlio neopatentato avesse un incidente simile; se sentendo le sirene dell’ambulanza, iniziassimo a raffigurarci nella mente la corsa all’ospedale facendo lo slalom tra gli automobilisti indaffarati e menefreghisti, l’arrivo al Pronto Soccorso, la fretta, gli infermieri, le voci, le luci abbaglianti al neon…
Bene, questi sono o non sono pensieri inutili? Pensarli non risolve in minima parte alcun problema: non risolve l’ansia, non risolve l’incertezza, non risolve la caduta libera delle cifre sul nostro conto in banca.
E allora perché sono la stragrande maggioranza dei pensieri che facciamo?
E’ stato calcolato che in una giornata, abbiamo mediamente 60,000 pensieri (Fred Luskin) e il 90% di questi sono gli stessi tutti i giorni: ricorrenti, fissi, tendenti al negativo (Pisanello, 2014).
IL MERITO DELL’EVOLUZIONE
La nostra mente funziona così per ragioni evolutive: nella preistoria gli uomini primitivi dovevano stare bene in guardia nei confronti di animali feroci, rivali d’amore ed eventi atmosferici distruttivi. Dovevano imparare a cogliere i segnali più sottili, gli spostamenti dei fili d’erba come monito della presenza di una belva, i cambiamenti nei raccolti, la corretta umidità del legno per il fuoco, ecc. Questa attenzione così finemente allenata dava il vantaggio all’uomo e alla donna primitivi di cogliere eventuali problemi sul nascere, prima che esplodessero a sorpresa nelle loro fragili esistenze. La ragione era una: non morire.
Gli uomini primitivi avevano anche altri vantaggi, nella loro epoca:
- la vita era più breve: anche qualora si facessero problemi inutili (cosa che non credo facessero), la loro sofferenza sarebbe stata di breve durata;
- i ruoli erano più nettamente definiti ed egualmente importanti: ognuno sapeva cosa doveva fare e il lavoro di ognuno era valorizzato;
- il loro cervello era meno evoluto Noi raramente abbiamo come obiettivo ultimo delle nostre giornate quello di non morire. I rischi che corriamo, mediamente, nei nostri eventi quotidiani difficilmente potrebbero causarci morte per sbranamento. Ripensiamo a una lite con il nostro capo, o alla difficoltà che possiamo avere di chiedere qualcosa a qualcuno, o la profonda delusione nel salire sulla bilancia e vedere il peso aumentare, o la rabbia quando qualcuno ci insulta. Questi eventi non ci causano effettivi problemi di sopravvivenza, ma il nostro corpo reagisce, evoluzionisticamente, come se fossimo quell’uomo preistorico inseguito da una tigre dai denti a sciabola. I nostri pensieri sono la tigre.
STRUTTURA CEREBRALE
Eravamo partiti parlando del fatto che i pensieri nella nostra mente possono venire innescati da qualunque stimolo incontriamo nella vita e che, una volta innescati, il giro che possono prendere: a) può favorire il nostro benessere emotivo e psicologico o b) può danneggiare il nostro benessere.
Cosa c’entra questo con l’evoluzione del nostro cervello rispetto al cervello dell’uomo primitivo?
Innanzitutto le dimensioni cerebrali erano diverse, e anche la struttura interna delle varie parti. Con lo sviluppo del linguaggio abbiamo imparato a mettere in parole i nostri pensieri e a comunicare con gli altri individui, cosa che ci conferisce un indubbio vantaggio. Come prezzo dell’evoluzione, ci troviamo a dover imparare a utilizzare questo strumento così potente che è la nostra mente, e le miliardi di funzionalità che essa possiede di cui siamo a conoscenza ma ancor di più di cui non siamo a conoscenza.
COME DICONO GLI INGLESI: NO CROSS NO CROWN
In questo grandissimo potenziale che abbiamo, si racchiude anche la nostra sofferenza. Il proverbio inglese sovracitato ricorda proprio questa saggezza popolare per cui “non c’è onore senza onere“. La nostra mente ci permette di gestire tantissime situazioni fisiche, emotive, cognitive, relazionali, organizzative, in ricerca, in letturatura, in ogni ambito della vita, ma rimaniamo pur sempre soggetti ai nostri PENSIERI. Se non sappiamo gestirli, saranno loro a gestire noi. Senza rabbia né colpa: è natura. Qualcuno deve pur occuparsi dei nostri pensieri.
Come li gestiamo? Ci facciamo usare da essi? Detengono loro il controllo del nostro benessere? Per saperlo rispondi a queste domande
BREVE QUIZ
- pensi che siano le altre persone la causa della tua sofferenza o dei tuoi problemi?
- pensi che siano gli eventi che ti capitano o che ti sono capitati in passato, la causa dei tuoi problemi?
- pensi che se non avessi i problemi che hai, saresti finalmente felice?
- pensi spesso a tutti gli ostacoli che incontri nelle tue giornate e che ti impediscono di realizzarti?
- pensi che altre persone siano più fortunate, più talentuose, raccomandate, sostenute, meglio retribuite di te?
- pensi di essere tu più fortunato, migliore di altri, più in gamba?
- pensi pensieri che riescono a farti cambiare umore?
- altre persone ti fanno cambiare umore?
- hai degli obiettivi nella vita che devi raggiungere a tutti i costi?
- pensi che gli altri abbiano torto, ti trattino male, non ti considerino?
- pensi che le cose andrebbero meglio se….(se avessi più soldi, se l’età pensionabile non aumentasse, se smettessero di picchiare i bambini, se ci fosse lavoro per tutti, se smettesse di piovere…?)
- pensi che le cose non possano cambiare?
- metti spesso in discussione le certezze che hai per testarne di altre? Le domande potrebbero anche continuare. Mi fermo qua per motivi di tempo, e perché statisticamente articoli troppo lunghi per la nostra società frenetica non vengono letti per intero.
Cosa avete risposto a queste domande? E in particolare, cosa avete risposto all’ultima domanda?
Facciamo una prova: individuiamo il pensiero più vero che pensiamo. In che modo questo pensiero ci fa vedere la realtà in modo che la realtà confermi quel pensiero? Ci piace avere ragione?
“Quando un pensiero ti domina lo ritrovi espresso dappertutto, lo annusi perfino nel vento”
— Thomas Mann —