Meditare in vacanza? Alcune buone ragioni per continuare

“Il dolce far niente è una meravigliosa occupazione.

Peccato dovervi rinunciare proprio durante le vacanze, quando è essenziale che si faccia qualcosa”

— Pierre Daninos —

Vi racconto una piccola storia…

Siamo a casa, è l’ultimo giorno prima di partire per le vacanze.

Abbiamo sistemato tutte le ultime cose e tutta la casa è pulita, senza un filo di polvere.

Siamo pronti: usciamo di casa, ci chiudiamo tutto alle spalle e andiamo all’aeroporto o in stazione o ci mettiamo in auto, felici ed entusiasti per le nostre meritate vacanze!

Passiamo due o tre settimane in vacanza: tutto è meraviglioso, ci divertiamo, ci rilassiamo, ridiamo, mangiamo di gusto, passiamo dei giorni rigeneranti.

Poi la vacanza finisce e torniamo a casa. Inseriamo la chiave nella serratura, giriamo il nottolino e mettiamo piede in casa.

Il nostro entusiasmo è ancora forte, ricaricato dai giorni di relax e spensieratezza, quindi ci sentiamo leggeri.

Trascorriamo le prime ore in casa e iniziamo a notare che in queste due/tre settimane di assenza qualcosa però è cambiato: ora sui mobili c’è una patina di polvere, magari qualche piccola ragnatela pende agli angoli dei muri o delle porte, c’è odore di chiuso e la cassetta delle lettere è piena di posta (saran tutte bollette da pagare?).

E così ci rendiamo conto di esser tornati “alla normalità”. Il nostro entusiasmo inizia gradualmente a calare e veniamo riassorbiti dal solito film: tornare al lavoro, pagare le bollette, togliere la polvere, dar da mangiare al gatto.

E passando le settimane dopo la vacanza, ecco ricomparire tutto lo stress che ci eravamo così facilmente lasciati alla spalle e che (speravamo!) la vacanza avrebbe cancellato.


Lungi dall’essere una storia deprimente, potrebbe invece essere la percezione di alcuni di noi, al rientro dalle vacanze. Altre persone, al contrario, potrebbero vivere il rientro in modo tranquillo, senza troppi scossoni emotivi: in questo caso, non continuate a leggere l’articolo, sarebbe poco utile per voi.

Ma se invece il rientro alla normalità, al solito tran-tran, è spesso traumatico, allora la lettura di questo articolo potrebbe essere di qualche sostegno.

PRENDERCI CURA DI NOI

La pratica della meditazione, ormai superata sperabilmente l’eredità New Age, è legata oggi alla riduzione del disagio psicologico e fisico: in poche parole, essa si adatta a tutte quelle situazioni che vedono la necessità di aumentare il benessere psico-fisico.

I benefici di meditare in modo regolare e costante sono notevoli, e tutti ormai scientificamente dimostrati in modo empirico, con un aumento esponenziale della letteratura medica e psicologica:

  • Dalla riduzione delle ruminazioni mentali (quella particolare modalità di pensiero che ci porta a ripeterci nella mente costantemente lo stesso dialogo interno, in modo ricorsivo e senza apportare soluzioni creative), all’aumento di un piacevole senso di apertura verso la vita e fiducia;

  • Dalla riduzione statisticamente dimostrata del dolore fisico (dovuto a patologie organiche come la fibromialgia, l’artrite, l’ipertensione) all’aumento del rilassamento muscolare e della flessibilità articolare;

  • Dalla sensazione opprimente di non avere tempo, non avere energie (spesso mentali più che fisiche), di non aver voglia di fare le cose e non trovare più la gioia di farle, a un reale miglioramento del benessere generale, della felicità, della leggerezza e dell’umorismo;

  • Da problemi d’insonnia a un ciclo sonno-veglia meglio gestibile e un miglior riposo notturno;

  • Dalla riduzione dei sintomi legati all’ansia (tachicardia, sudorazione, balbuzie, insicurezza, timidezza eccessiva) a un aumento della sicurezza in se stessi, dell’autostima, dell’auto-accettazione e della gentilezza verso noi stessi e le nostre difficoltà;

  • Da un pensiero di tipo catastrofista e un atteggiamento vittimistico a un maggior controllo delle proprie emozioni, un sano decentramento da ciò che pensiamo e un indirizzamento dei nostri comportamenti nella direzione di un reale beneficio per noi stessi.

La lista potrebbe essere ancora più lunga: per un approfondimento dei benefici della pratica, rimando all’articolo “I benefici della Mindfulness” (clicca qui)

Durante i “normali” mesi di lavoro potrebbe venire anche spontaneo il desiderio di ridurre tutto lo stress delle nostre giornate, spesso frenetiche. Questo desiderio può renderci consapevoli all’improvviso del nostro bisogno di fermarci e dedicarci del tempo, e così può portarci a conoscere per la prima volta e praticare la Meditazione di Consapevolezza (detta Meditazione di Mindfulness).

I benefici che iniziamo a vedere già quasi dalla prima seduta sono tangibili e ci regalano uno scorcio illuminante di come potrebbe essere davvero la nostra vita se avessimo sempre quell’apertura, quell’equanimità, quel sano distacco dagli eventi e dalle emozioni che riusciamo a conoscere attraverso la pratica.

E poi? Che succede quando arrivano le vacanze? Quando si va in ferie, si fanno le valigie, si parte per posti più o meno lontani dalla nostra solita routine?


Succede che, spesso, la pratica viene accantonata. Ormai siamo in vacanza, non siamo più soggetti a tutto lo stress e il disagio psicologico derivante da un lavoro che non ci piace, da colleghi con cui non leghiamo, dalle pretese dei parenti, del ménage domestico, delle bollette da pagare. Ed è così che durante le vacanze smettiamo di meditare.

FITTI IMPEGNI…MA DISIDENTIFICATI!

Sarebbe opportuno non accantonare la pratica della meditazione durante le vacanze, ma cercare, al meglio che possiamo, di mantenere una certa regolarità nella pratica formale (potete trovare approfondimenti sulla pratica formale e informale nell’articolo “Cosa si fa negli incontri di Mindfulness?” cliccando QUI)

Stranamente, anche in vacanza le giornate potrebbero continuare ad essere fitte di impegni: i vari spostamenti, le code in aeroporto, le visite alle città d’arte, ai musei, le ore in spiaggia, le cene nei ristoranti, le discoteche, i giochi…

Obiettivamente fitte, non ci appaiono però opprimenti come nel resto dell’anno. Cos’è cambiato?

E’ cambiata la nostra percezione delle cose: siamo mentalmente più sereni perché sappiamo di non dover andare al lavoro, siamo più stimolati perché abbiamo cose più interessanti o nuove da fare, ci troviamo insomma in un mind-set totalmente differente.

Sono cambiate, in poche parole, le condizioni esterne.


L’essere umano è molto vulnerabile al cambiamento di elementi o situazioni che stanno al suo esterno, fino al punto da confondere i confini e iniziare un pericoloso processo di identificazione: ci convinciamo così tanto di essere l’impiegato efficiente, il genitore premuroso, lo studente modello che ormai quella diventa la nostra “vera” identità, anche se in realtà si tratta di un “falso sé“, portatore di sofferenza.

La vacanza solleva per un periodo il velo di questa identificazione, ci sentiamo immediatamente più leggeri et voilà…lo stress è sparito, e la mente subito ne approfitta chiedendosi: “A cosa mi serve ora meditare? Sto bene!”

PERCHE’ CONTINUARE A MEDITARE IN VACANZA?

Dopo la lettura della piccola storia in incipit a questo articolo, dovrebbe ormai esser chiaro il motivo.

La vacanza è un periodo fondamentale, un momento di rigenero delle nostre energie, sia fisiche che mentali, assolutamente irrinunciabile. E’ stato calcolato che sono il 22% i lavoratori soggetti a stress lavoro-correlato, tra i 35 e i 44 anni, e che il numero delle giornate lavorative perse per motivi legati allo stress ammonta al 60% (Pellegrino 2016).

E’ altresì essenziale però che rimaniamo consapevoli che la vacanza è una fase temporanea, come tutte le altre fasi della vita. Le condizioni esterne mutano in continuazione, e nella loro continua interdipendenza ci influenzano in modo inevitabile.

Possiamo decidere di accettare di essere succubi di questi cambiamenti esterni e dare ad essi il potere di definire non solo noi stessi, ma anche il nostro stato d’animo e il nostro comportamento, facendo poi i conti con le varie emozioni spiacevoli e i vari disturbi che questo stato di “sudditanza emotiva” ci causa. Oppure, in alternativa, possiamo decidere di spostare il centro del controllo su una postazione interna a noi stessi (quello che in psicologia si chiama “locus of control interno”): assumere così la responsabilità di quello che proviamo e di quello che percepiamo, riportando l’asse della bilancia in posizione neutra e riconoscendo che gli eventi esterni hanno sì un potere su di noi, hanno un’influenza, ma che essa può non essere automatica.


Così il grado di sofferenza che i cambiamenti esterni ci provocano diventa evitabile. Con la parola “sofferenza” in questo caso possiamo includere anche il senso di irritazione, il nervosismo, la scarsa motivazione, i costanti pensieri di fuga e di ritornare in vacanza, un aumento della fame nervosa o un peggioramento della qualità del sonno. Ogni persona manifesta il disagio a modo suo. Questo disagio può avere diversi gradi di intensità: da un lieve senso di spaesamento che subito degrada, a un estremo di sfiducia e negatività che persiste nel tempo.

Proseguire la pratica meditativa anche durante il periodo di vacanza diventa così un modo per continuare a prenderci cura di noi stessi, a volerci bene, anche quando le cose esterne volgono per il meglio e stiamo bene. E’ proprio qui che entra in gioco la prevenzione: è da ciechi prender la medicina quando si sta già troppo male e poi non fare più niente di utile non appena si recuperano le forze.

UNA PRATICA PERSONALIZZATA

Durante la vacanza, è possibile dedicarsi dei momenti di pratica in modo flessibile e che facilmente si inseriscano nei fitti impegni vacanzieri.

Se siam soliti praticare 30 minuti al giorno la meditazione seduta, potremmo in vacanza ridurre questo tempo di pratica formale, se facciam fatica a ritagliarcelo.

Abbiamo così l’occasione di allargare in realtà i momenti di pratica, includendo tutti gli aspetti stessi della nostra vacanza: la pratica informale ci consente di diventare realmente padroni del nostro tempo e di rendere ogni istante un momento di meditazione.


Stiamo guardando il tramonto in spiaggia? Bene. Non immortaliamone subito i colori in un selfie col nostro telefonino, ma restiamo là, fermi, in silenzio, a osservare la bellezza dello spettacolo che ci si pone innanzi. Osserviamo i colori, notiamo le sfumature, apprezziamo la temperatura dell’aria sulla pelle, il contatto con la brezza marina, ascoltiamo i suoni delle onde o degli uccelli della sera.

Siamo in coda alla cassa del negozietto di souvenir? Bene. Un altro momento di pratica! Non mettiamoci a guardare l’orologio e a non veder l’ora che tocchi a noi. Restiamo nel momento. Guardiamoci intorno, guardiamo anche le persone, osserviamo i colori dei loro abiti, notiamo cosa c’è nel negozio, quali oggetti, quali suoni, e notiamo cosa percepiamo provenire dall’esterno del negozio, e quando tocca a noi, sentiamo il contatto del denaro con le nostre dita, parliamo al negoziante guardandolo negli occhi, aperti ad una connessione con un altro essere umano…

Anche questa è meditazione, e si può fare ovunque, in qualunque istante, in qualsiasi situazione. Basta solo ricordarsene.

“Attento fra i distratti, ben sveglio tra i dormienti,

il saggio distanzia gli altri come un veloce cavallo da corsa un ronzino”

— Siddhārtha Gautama Buddha —

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