Ma la consapevolezza: che cos'è veramente?

“Praticate con diligenza.
Tutte le cose composte sono impermanenti.”
Buddha


Con lo sviluppo e la sempre maggior diffusione delle pratiche di consapevolezza, grazie al grande impulso dato dalla Mindfulness e dall’MBSR, il protocollo per la riduzione dello stress di Jon Kabat-Zinn, ormai famoso, questa parola è diventata via via sempre più pronunciata: “Consapevolezza”.

Di che cosa si tratta? Quand’è che siamo consapevoli di qualcosa? Come facciamo a sapere se siamo consapevoli oppure no? La consapevolezza può essere per caso troppa, o troppo poca? A volte vorremmo essere meno consapevoli, in modo da sentire con minor forza il peso di certe situazioni spiacevoli; ma in quei casi siamo veramente consapevoli? Forse quella che scambiamo per consapevolezza in realtà è qualcos’altro.

SAMMĀ SATI:
UNO STATO DALLE DIVERSE SFACCETTATURE

Nella lingua Pali, la parola che noi traduciamo con “consapevolezza” è sati. Ma “sati” in Pali vuol dire molto di più: vuol dire presenza mentale, nuda attenzione, ricordo.

Quando ci troviamo nello stato mentale di consapevolezza, che è uno dei fattori mentali che coltiviamo tramite la pratica (oltre ad essere anche uno dei 7 fattori del risveglio spirituale), noi dimoriamo in una diversa modalità di vivere l’esperienza, una modalità non reattiva (non automatica).

Il modo in cui oggi parliamo di consapevolezza infatti è molto riduttivo: spesso diciamo “Sono consapevole dei rischi di questa cosa” oppure lo domandiamo a qualcun altro: “Sei consapevole di cosa stai facendo?”, e a un livello molto terra terra questa parola ha lo stesso significato di “essere informato”, o “sapere qualcosa”. Ci fermiamo a un livello puramente intellettuale, dove il sentire e il comprendere vengono bloccati e ci disperdiamo in discorsi e ragionamenti che ben poco hanno di consapevole.

NUDA ATTENZIONE, ATTENZIONE CORDIALE

Questa consapevolezza superficiale, questo essere persone informate sui fatti, praticando, diventa qualcosa di più profondo. La consapevolezza diventa “sammā” cioè “retta”, “corretta”, “giusta”, “adeguata”, e in questo modo, si fa accogliente.

Abbiamo detto che “sati” significa anche “nuda attenzione”, cioè un tipo di attenzione che, semplicemente, si posa sugli oggetti (e la pratica ce ne offre davvero tanti) senza rivestirli di ulteriori e superflui significati.

Un fiore è un fiore, il fuoco è il fuoco, un pensiero è un pensiero (a questo proposito, vi rimando a una bella poesia di Fernando Pessoa, “Le cose sono le cose” che potete leggere a questo link).
Perde importanza, con l’allenamento, ogni forma di lamentela, di giudizio, di rimuginazione su eventi passati, presenti o futuri; perdono importanza il pettegolezzo, il risentimento, l’offesa; viene superata la netta distinzione tra bello e brutto.

Questo non vuol dire che tutto sparisca e che iniziamo a vivere in un mondo fatato; semplicemente, tutti gli elementi vengono accolti da una attenzione nuda (e non imbacuccata in pregiudizi, aspettative e paure) e trovano spazio in una retta consapevolezza (sammā sati, appunto), che per sua natura è leggera e ariosa.

E qui arriviamo al quarto significato della parola pali sati: ricordo, ricordare, cioè riportare alla memoria oppure, riportare al cuore (perché nell’antichità classica il cuore era ritenuto la sede della memoria, ed anche in inglese diciamo “learn by heart” per dire “imparare a memoria”).

L’aspetto mnemonico si combina così con l’aspetto della dolcezza del cuore, un modo di essere cordiale, che apre la nostra attenzione, ci rende fluidi, disponibili, curiosi, gentili.

ESSER CONSAPEVOLI IN MODO LIBERO:
I PRIMI PASSI

Sammā sati, retta consapevolezza, ci mostra come la consapevolezza non venga spontanea. Spontaneo è invece l’automatismo, il pilota automatico. Dobbiamo orientarci attivamente e coraggiosamente verso ciò che è benefico, verso ciò che ci libera dalla sofferenza (e la lamentela ci incatena ancor di più). Questo non farà sparire tout court la sofferenza (cosa inevitabile) ma noi potremo rapportarci ad essa da esseri il più possibile liberi, o perlomeno realmente in sintonia con quel che succede (o non succede).

Questo cambio di atteggiamento è come un seme che, piantato nella nostra mente e date le giuste condizioni (cioè continuando a coltivarlo) darà i suoi frutti.

Vi suggerisco quelli che possono essere i primi passi da compiere per iniziare a portare un po’ di retta consapevolezza nella nostra vita:

1- PAROLA CHIAVE: MI RICORDO
In qualsiasi momento della giornata (consiglio di iniziare da qualcosa di poco sconvolgente, magari una semplice passeggiata tranquilla o quando bevete un caffè), fermiamoci appena ci ricordiamo (da “sati” = ricordare) e osserviamo quello che c’è intorno a noi.

2 - PAROLA CHIAVE: VIVO LA VITA DEI SENSI
Notiamo le forme degli oggetti che sono immediatamente davanti a noi, alla nostra sinistra e alla nostra destra; notiamo i colori, la distanza tra di loro e la loro distanza da noi; notiamo gli effetti di luce, i riflessi, le trasparenze e opacità; notiamo quali odori possiamo sentire col naso; notiamo la temperatura dell’aria che ci sfiora e se ci sono suoni che arrivano alle nostre orecchie.

3 - PAROLA CHIAVE: GUARDO LO SCORRERE DELLA MENTE
Osserviamo se sorgono pensieri in merito a ciò che stiamo vivendo a livello sensoriale. Pensieri legati a quanto una determinata cosa ci piaccia o non ci piaccia, pensieri di confronto o pensieri distraenti sulle cose da fare. Tutto va bene (o tutto fa brodo, come direbbero alcuni). Osserviamo questi pensieri come fossero le forme, gli odori, i suoni, le esperienze tattili che abbiamo osservato poco fa. Osserviamoli provando per una volta a non attaccarci, a non identificarci. Non crediamo ai pensieri che abbiamo.

4 - PAROLA CHIAVE: STO IN AMICHEVOLE INTIMITA’
Posso provare a chiudere gli occhi ed entrare in intimità col mio corpo, senza cambiare niente di quello che c’è. Sentirne il peso, sentire il respiro che lo percorre. Posso includere in questa fase qualsiasi tipo di esperienza sensoriale che ho esplorato prima, avendo cura di “ricordarmi” di osservarla senza farmi trascinare. Proviamo a essere amici di quello che c'è.

5 - PAROLA CHIAVE: MI RICORDO DI PORTARE CONTINUITA’
Quando me la sento, riapro gli occhi durante l’espirazione e osservo nuovamente lo spazio che mi circonda. Se ne ho la possibilità, muovo un po’ i piedi e li premo per terra, apprezzando le sensazioni del contatto col suolo o la scarpa.

E da qui possiamo fare quel che dobbiamo, ricordandoci che questo spazio di consapevolezza è sempre disponibile per noi.

“Appamadena Sampadetha Vaya Dhamma Sankhara”
“Praticate con diligenza. Tutte le cose composte sono impermanenti.”
Ultime parole del Buddha


FEDERICA GAETA

Terapista della Riabilitazione Psichiatrica

Istruttrice Qualificata di Protocolli Mindfulness

tel. 327 49 58 256