La trappola dei devo, dovresti, bisogna

Dovere: è quella parola che si trova nelle orazioni solenni dei furbi quando vogliono che i fessi marcino per loro

— Giuseppe Prezzolini —

“Devo fare del mio meglio” – “Devi stare zitto” – “Devi dirmi come sono andate le cose” – “Devono chiedere scusa” – “Dovrei saperlo fare” – “Avresti dovuto gestire quel problema” – “Bisogna fare le cose per bene” – “Non devi sporcare che ho appena lavato a terra” – “Devo perdere 10 kg” – “Bisogna trovare una soluzione” – “Devi salutare i nonni con un bell’abbraccio” – “Tutto deve essere pronto per ora di cena” – “Devo sembrare disinvolta quando gli parlo” – “Devo fare bella figura” – “Glielo doveva“ —>>>> TENDENTE A INFINITO

Queste frasi sono purtroppo diffusissime: quante volte in una nostra giornata qualsiasi ripetiamo o anche solo pensiamo una frase che inizia con “devo, dovrei, dovrebbe, bisogna, occorre, si deve“, eccetera? Per quanto questa abitudine sia quasi connaturata in noi stessi, per quanto addirittura non ci accorgiamo della sua grande presenza nella nostra vita, essa è una grande trappola. A volte, il verbo “dovere” nelle sue varie declinazioni non compare apertamente: è il caso per esempio di quelle frasi perentorie che, comunque, suggeriscono come “dovrebbero essere” le cose.

“Mangia!”= devi mangiare, ho cucinato per 2 ore

“Ascolta” = mi devi ascoltare

“Perché fai così!!” = non dovresti fare così

“La benzina costa troppo!” = non dovrebbe costare così tanto

“E’ ora di andare” = si deve andare

COSA NASCONDE IL SENSO DEL DOVERE

Innanzitutto, frasi, pensieri e quindi comportamenti di questo tipo, celano il fatto che esista un modo giusto e uno sbagliato di fare le cose. La famosa dicotomia tra bene e male, buono e cattivo, positivo e negativo, Dio e il Diavolo: dividere tutto in categorie ci semplifica tantissimo la comprensione della realtà, privandola di tutte le sfumature e le possibilità di creare.

Il senso del dovere nasconde quindi il giudizio: per un approfondimento di questo argomento, rimando all’articolo che ho scritto qualche giorno fa “Quando giudico, accetto di non essere libero” cliccando qui.

Il senso del dovere nasconde il sacrificio: significa che i nostri desideri non sono importanti e che la nostra felicità può anche aspettare. Ci sono cose più importanti. Noi non siamo importanti.

Il senso del dovere nasconde la credenza irrazionale che, prima o poi, riceveremo la nostra ricompensa, espressa dal famoso detto “Prima il dovere poi il piacere“. Dove sono le prove che, dopo aver adempiuto ai nostri diecimila doveri, avremo il premio? E quale premio, poi? Quello che davvero vogliamo? E cosa vogliamo? Potrebbe essere che, travolti da doveri, alla fine ci dimentichiamo qual era il premio che stavamo inseguendo.

Il senso del dovere nasconde una tendenza al perfezionismo: vogliamo essere i migliori, i più bravi, i più brillanti, perché se lo siamo, riusciamo a non pensare all’ansia che ci dà l’idea di non essere all’altezza.

Il senso del dovere nasconde il desiderio di conformismo: se sono e faccio uguale agli altri, allora sarò accettato.

NON DEVO MA…VOGLIO!

Portiamo consapevolezza a questi movimenti interiori, a questi pensieri: non sono solo nostri, sono frutto della nostra educazione, dei nostri genitori, della religione, degli automatismi, dei mass-media. Se continuiamo a nutrirli, però, diventano nostri sempre di più.

Proviamo a sentire nel corpo le conseguenze del nostro senso del dovere, quando emerge: quando ci diciamo “Devo vestirmi bene“, fermiamoci un attimo e, ripetendo la frase mentalmente per alcuni minuti, notiamo come cambia il corpo. Notiamo se ci sono tensioni, notiamo i muscoli della nostra faccia, notiamo il comportamento dei nostri pensieri. Restiamo aperti a cosa emerge.

Il processo di cambiamento implica che noi partecipiamo attivamente: lentamente, possiamo cambiare tutti quei “devo/dovresti/devono” in possibilità. “Devo vestirmi bene” diventa “Posso vestirmi bene” e ancora più gradualmente: “Voglio vestirmi bene“. Ciò non significa indulgere in qualunque desiderio, anche distruttivo, che ci passi per la mente: consapevolezza prima di tutto.

“Non dovresti fare così” diventa “Puoi anche fare così“, fino alla consapevolezza che se fai così, bene o male, è perché “Vuoi fare così“.

La grande libertà nascosta in questo diverso modo di pensare e parlare traspare anche da questo esempio estremizzato: “Non deve esistere la guerra“. Trasformiamo questa doverizzazione rigida in “Può esistere la guerra” e più avanti, in “La guerra vuole esistere“. Naturalmente, si tratta di un esempio estremizzato, anche perché chi è che fa la guerra? La guerra la fanno le persone. Le implicazioni etiche, morali e comportamentali di queste affermazioni ci porterebbero a scrivere un libro sull’argomento! L’obiettivo di questo articolo è semplicemente quello di aprirci un po’ gli occhi su tutte le piccole ed innocenti volte in cui pronunciamo la parola “DEVO” e i suoi derivati.

Il deve è una delle maledizioni con cui l’uomo è stato battezzato

— Georg Büchner —

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