“Restate svegli come se camminaste sui trampoli,
sapendo che un passo falso può farvi perdere l’equilibrio”
— Thich Nhat Hanh —
Il termine “meditazione” implica oggigiorno comunemente qualcosa come pensare, contemplare o concentrarsi su qualcosa al fine di produrre qualcos’altro, attraverso le facoltà dell’immaginazione, del pensiero e della riflessione. Ma la vera meditazione non crea immaginazione né un processo di pensiero: è la via per porre fine alla fantasticheria.
PERCHE’ MEDITARE?

La meditazione non è facile e richiede tempo ed energia. E’ necessario avere anche fermezza, determinazione e disciplina. E’ certamente più facile starsene seduti a guardare la televisione. Allora, perché disturbarsi? Perché sprecare tutto questo tempo ed energia quando potreste andar fuori a divertirvi?
Facile: perché siete esseri umani. E semplicemente perché siete esseri umani, vi ritrovate eredi di un’insoddisfazione inerente alla vita (se vi date il permesso di sentirla) che non va mai via.
Per un po’, potete eliminarla dalla vostra consapevolezza. Vi potete distrarre per alcune ore, ma questa insoddisfazione ritorna sempre. All’improvviso, apparentemente senza alcuna causa, vi ritrovate seduti a ragionare tra voi, “tirate le somme” e comprendete la nostra “reale” situazione.
Eccovi lì a pensare che state impiegando tutta la vita semplicemente a tirare avanti. Riuscite a mantenere una buona facciata. Fate in modo che, alla fine, i conti tornino e che tutto, dall’esterno, sembri OK. Ma vi tenete dentro quei periodi di disperazione, quei momenti in cui sembra che tutto vi crolli addosso.
Nel frattempo, laggiù ben nascosto, sapete che ci deve essere un altro modo di vivere, un modo migliore di guardare il mondo, di vivere la vita più pienamente.
E poi trovate un buon impiego, vi innamorate, vincete una partita. La vita assume di nuovo una ricchezza e una chiarezza tale che i brutti momenti di prima scompaiono. L’intera struttura della vostra esperienza cambia e dite a voi stessi: “Ce l’ho fatta! Ora sarò felice!“.
E poi però, anche tutto ciò svanisce come fumo al vento, vi rimane semplicemente un ricordo e la vaga consapevolezza che c’è qualcosa di sbagliato.
E’ una montagna russa di emozioni. Cosa c’è di sbagliato in voi? C’è qualcosa di anormale?
Semplicemente, siete esseri umani e soffrite della stessa malattia che contagia ogni essere umano.
E’ un mostro all’interno di ciascuno di noi, con molte braccia: tensione cronica, mancanza di compassione, critiche, giudizi e così via. Vi sentite bloccati. Nessuno di noi è totalmente libero da questo mostro.
Possiamo dirci che non esiste, possiamo reprimerlo, possiamo fondare un’intera cultura sul nasconderci dal mostro, fingendo che non ci sia, distraendoci con mille traguardi da raggiungere, progetti e status sociale. Senonché questa malattia che infetta ogni essere umano non va via. E’ una costante che scorre sotto ogni pensiero e ogni percezione, è una vocina silenziosa che da dietro continua a dirci :“Non va ancora bene. Devi avere di più. Lo devi fare meglio, devi essere il migliore”.
La vita sembra essere un conflitto perpetuo, un enorme sforzo. E qual è la soluzione a tutta questa insoddisfazione? Rimaniamo bloccati nella sindrome del “se soltanto…”: se soltanto avessi più soldi, allora sì sarei felice, se soltanto potessi trovare qualcuno che mi ama, se soltanto potessi perdere una decina di chili, se solo avessi una televisione a colori, una vasca con l’idromassaggio, i capelli coi boccoli…E così via, sempre e ancora.

Ma da dove viene tutto questo ciarpame?
Deriva dalle condizioni della nostra mente. E’ una serie di abitudini mentali profondamente radicate, insidiose e penetranti, un nodo che abbiamo costruito pezzo per pezzo e che possiamo districare nello stesso modo, un pezzo per volta. Possiamo accendere la nostra consapevolezza, raccogliere i pezzi uno a uno e portarli alla luce. Possiamo trasformare l’inconscio in conscio, lentamente, un pezzo alla volta.
Ma ricordiamo: non c’è nulla di sbagliato in questo. Noi classifichiamo le esperienze, cerchiamo di inserire ogni percezione in una di queste tre categorie mentali:
Poi, a seconda di come l’abbiamo classificata, rispondiamo in base a una serie fissa di reazioni mentali. Se, ad esempio, una particolare esperienza è etichettata come “buona”, allora cerchiamo di congelare il tempo, ci aggrappiamo a quel particolare pensiero, lo vezzeggiamo, lo tratteniamo e cerchiamo di evitare che scappi. E’ l’abitudine ad aggrapparsi.
Allo stesso modo, quando percepiamo qualcosa come “cattivo”, cerchiamo di respingerlo, negarlo. E’ l’abitudine a respingere. Le esperienze che percepiamo come né buone né cattive, finiscono nella categoria “neutra” cosicché possiamo ignorarle e volgere di nuovo l’attenzione là dove ferve l’azione. É questa l’abitudine a ignorare.
Le nostre menti sono piene di tutte queste cose, e di molte altre. Abbiamo costruito mura attorno a noi stessi e siamo intrappolati nella prigione di ciò che ci piace e di ciò che non ci piace. In una parola sola, soffriamo.
E QUINDI? COSA SI PUO’ FARE?

La meditazione purifica il processo del pensiero da quelli che possiamo chiamare “gli irritanti psichici“: avidità, odio, gelosia, cose che ci tengono bloccati nella schiavitù emotiva.
La meditazione riporta la mente a uno stato di tranquillità e consapevolezza, concentrazione e comprensione. Nessuno può fare di più per voi della vostra stessa mente purificata, nessun genitore, nessun parente, nessun amico, nessun maestro. Una mente ben addestrata reca felicità.
Più grande è la vostra comprensione e più riuscirete ad essere flessibili, tolleranti e compassionevoli. Diventate un buon genitore, un buon insegnante, siete pronti a perdonare e dimenticare. Provate amore per gli altri perché li comprendete e capite gli altri perché avete capito voi stessi.
La meditazione cambia il vostro carattere attraverso un processo di sensibilizzazione, vi rende profondamente coscienti dei vostri stessi pensieri, parole, e azioni. Eseguita correttamente, vi prepara ad andare incontro agli alti e bassi dell’esistenza, riduce la tensione, la paura, la preoccupazione; l’agitazione recede e la passione si riduce; le cose cominciano ad andare a posto, e la vostra vita, invece di essere tutta un conflitto, diventa qualcosa che scorre, trova un equilibrio.
La meditazione affina la concentrazione e la capacità logica; l’intuizione si acuisce; cresce la precisione del pensiero e, gradualmente, si arriva a una diretta conoscenza delle cose così come sono, senza pregiudizio né inganno.
E COME SI FA?
Osservando.
La Mindfulness (qualità al cuore della Meditazione Vipassana) è uno strumento specifico per incrementare la propria consapevolezza e modificare la relazione con i propri automatismi cognitivi, emotivi e comportamentali.
Consiste nell’osservare la propria mente, le proprie reattività e soprattutto le proprie aree di sofferenza in maniera sempre più diretta, riducendo gradualmente il filtro delle proprie difese e delle proprie distorsioni cognitive. In tal modo, possiamo imparare a stare con le esperienze così come sono, senza la necessità di fuggire o reagire automaticamente di fronte a quelle dolorose e senza sviluppare eccessivo attaccamento a quelle che sono fonte di piacere, e di conseguenza, sviluppare livelli via via maggiori di libertà dai propri condizionamenti automatici.
Dovete imparare ad osservare e riconoscere la presenza di ogni sensazione e pensiero che emerge dentro di voi. Quando emerge un pensiero, o una sensazione, il vostro intento non dovrebbe essere quello di scacciarlo, né odiarlo, né preoccuparsene, temerlo e neanche intrattenervi su di esso. Semplicemente, occorre prendere atto della sua presenza. Per esempio, quando emerge un sentimento di noia, lo si riconosce immediatamente: “E’ emerso dentro di me un sentimento di noia“. Se il sentimento permane, si continua a riconoscerlo: “In me c’è ancora un sentimento di noia“. Se c’è un pensiero del tipo :”I vicini non la smettono di fare chiasso“, riconoscete che è emerso quel pensiero. L’essenziale è non lasciar emergere nessuna sensazione e nessun pensiero senza che la presenza mentale lo riconosca. Se non ci sono sensazioni o pensieri, prendete atto che non ci sono sensazioni o pensieri.

C’è però una differenza tra l’essere consapevoli di un pensiero e pensare un pensiero.
Un pensiero del quale siete semplicemente consapevoli con un’attenzione nuda ha una trama leggera, e tra la consapevolezza che lo osserva e il pensiero stesso c’è un senso di distanza. Il pensiero viene con leggerezza, come una bolla, e va via senza dover necessariamente far sorgere un altro pensiero.
Il normale pensiero cosciente invece è molto più pesante: è ponderoso, comanda ed è compulsivo. Vi risucchia e prende il controllo della vostra coscienza. La natura stessa del pensiero è ossessiva e conduce direttamente al pensiero seguente nella catena. Il pensiero cosciente produce una corrispondente tensione nel corpo, come una contrazione muscolare o un’accelerazione del battito cardiaco.
L’allenamento delle due qualità dell’attenzione (la consapevolezza e la concentrazione) permette al praticante di rallentare il processo del pensiero, e di “ripercepire” la propria esperienza come se egli non fosse più immerso nella trama della propria narrativa personale ma fosse in grado di fare un passo indietro ed esserne semplicemente testimone. Questo, a sua volta, conduce a una maggiore regolazione delle emozioni, alla chiarificazione dei propri valori, a flessibilità del comportamento e alla capacità di esporsi al materiale mentale e alle situazioni esterne precedentemente temute, compiendo stavolta scelte consapevoli e lucide.
“Siate come un cavaliere che avanza disarmato
fra una selva di spade.
Siate come un leone che procede
col suo passo lento, leggero e sicuro”
— Thich Nhat Hanh —

Fonti:
“Il miracolo della presenza mentale. Un manuale di meditazione”, Thich Nhat Hanh, Ubaldini Ed.
“La pratica della consapevolezza in parole semplici”, Henepola Gunaratana, Ubaldini Ed.
“La via del non attaccamento. La pratica della meditazione vipassana”, Dhiravamsa, Ubaldini Ed.
“Gli interventi basati sulla Mindfulness”, Alberto Chiesa, Giovanni Fioriti Ed.